Mike Watt & The Black Gang “Rebel Girl” (Bikini Kill)

Una canzone così merita qualche accortezza, il momento è delicato e tocca muoversi con circospezione. Non sono più gli anni novanta dove si scriveva sulle riviste musicali di femminismo ribelle coniugato al punk rock con una certa disinvoltura, nonostante il sesso sbagliato per poterne discernere compiutamente, direbbe qualcuno.
I tempi sono cambiati, dicevamo, ma questa canzone nel frattempo si è trasformata in un inno. Anzi, trova forse adesso, anno 2021, ancor più una sua collocazione legata alla drammatica cronaca con cui siamo costretti a confrontarci tutti i giorni. E per questo diventa ancor più necessaria, indispensabile, importante.
Possiamo immaginarla come la “Blowin’ in the Wind” degli anni novanta che, ancora oggi, a distanza di quasi 30 anni dall’uscita originale non ha perso un solo grammo della sua forza. Come se ad intervalli regolari acquistasse sempre più vigore e trovasse in un modo o nell’altro la maniera di segnare generazioni differenti. Guardatevi Moxie (Netflix) un piccolo, adorabile film, che contribuisce a fare di Rebel Girl una delle canzoni indispensabili anche di questo 2021.
In questa versione “sbagliata”, quel vecchio adorabile caprone punk di Mike Watt (con Nels Cline di Wilco alla chitarra) ce ne regala un’interpretazione grezza, scomposta, feroce. Come è giusto che sia.
Singolo digitale che fa parte della “30th Anniversary Series” della Kill Rock Stars che andrà avanti per tutto il 2021, già pubblicato in vinile, sempre dalla KRS, nel 1997.

Mikaela Davis & Mary Lou Lord “Some Song” (Elliott Smith)

Sempre per la stessa iniziativa, la Kill Rock Star ci regala una cover davvero riuscita.
In questo caso, Mary Lou Lord e Mikaela Davis, riprendono una delle canzoni meno conosciute del catalogo di Elliott Smith, uscita originariamente solo come retro di un singolo.
Canzone tragica che tratta di abusi familiari e tossicodipendenza. Sul tubo (https://youtu.be/ePD5bM4Gtbc) si trova una versione acustica dal vivo. Si sente la gente ridere e scherzare prima che Elliott cominci a suonare ma il gelo e il silenzio scendono dopo pochi secondi di interpretazione.
Ci si riesce ad immaginare il pubblico intento a guardarsi la punta delle scarpe, l’imbarazzo e la commozione che arriva in faccia senza preavviso e non ti rimane altro che ricacciare le lacrime in gola.
Amarezza, gratitudine e non so cos’altro.
Manca, Elliott Smith. Manca talmente tanto che è pure difficile scriverne.

Viagra Boys “In Spite Of Ourselves” (John Prine)

Le cover hanno da sempre tracciato confini, contraddistinto ambiti di appartenenza. Scegliere di interpretare una canzone di un altro artista è fondamentalmente un atto politico. Un modo per dire a chiare lettere in che porzione di mondo si desidera essere posizionati.
Su John Prine non ho nessun dubbio. Uno dei grandi della canzone americana. Il suo catalogo sterminato ho iniziato a frequentarlo grazie ad un’altra cover: la “Sam Stone” di Evan Dando che mi aprì un mondo, all’epoca. Allo stesso modo la scelta dei Viagra Boys mi ha fatto decidere definitivamente di farmeli piacere. La scelta e l’interpretazione di questa canzone mi fanno vedere ed apprezzare la band svedese sotto altri occhi. Come se fossero dei nostri, come se scegliere certe canzoni li facesse diventare qualcuno di famiglia. Non è così, del resto?

Bill Callahan & Bonnie Prince Billy “Miracles (feat. Ty Segall)” (Johnnie Lee Frierson)

A proposito di cover impossibile non citare e sottolineare quello che stanno combinando Bill Callahan e Will Oldham. Con frequenza settimanale si sono messi a setacciare canzoni poco conosciute (soprattutto) e a trasformarle in piccoli gioielli. Questa, di tale Johnnie Lee Frierson, cantante soul senza troppa gloria scomparso nel 2010, uscì per esempio in una cassetta autoprodotta negli anni novanta senza lasciare traccia.
Ne viene fuori un soul sui generis punteggiato dalla chitarra di Ty Segall assolutamente irresistibile. Va detto che se un giorno la Drag City dovesse decidere di raccogliere questa fantastica collezione di cover in un unico disco ci regalerebbe uno di quei lavori che rimarrebbe negli annali, potete starne certi.

Muzz “Nobody Wants a Lonely Heart” (Arthur Russell)

Da sottolineare, anche se in circolazione già da qualche mese, l’EP di 4 cover dei Muzz, il “supergruppo” messo in piedi da Paul Banks di Interpol.
Si va da Bob Dylan ai Mazzy Star ma il brano che emerge è questa cover di “Nobody Wants a Lonely Heart” ballata strappamutande di Arthur Russell. Lui è uno dei nostri preferiti in assoluto, uno di quelli da isola deserta, per intendersi. Difficile sbagliare in un caso così. I Muzz fanno il compitino ma ne esce ugualmente un momento prezioso.
Tutto quello che contribuisce a ricordare la figura di Arthur Russell è meritevole di menzione, del resto. E non è mai troppo tardi per riscoprirlo, per ascoltarlo di nuovo, per onorarlo ancora una volta.

Cesare Lorenzi


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