Le canzoni sono importanti.
I dischi sono importanti.
I concerti sono importanti.
La musica è importante.
Ma per rendere tutto davvero speciale occorrono le persone.
Quelle giuste.
Quelle che hanno la tua stessa attitudine e che ci credono quanto ci credi tu, magari anche di più.
Perché c’è differenza tra ascoltare musica e viverla.
E per noi qui, la questione è proprio questa.
Perché la musica, come già abbiamo scritto, oltre ad essere la colonna sonora delle nostre giornate definisce le nostre vite così come sono, per quello che sono.
Balzac diceva che parlare del proprio villaggio è il modo migliore per essere veramente universali. Non sappiamo se questa affermazione corrisponda alla realtà; così fosse noi di Sniffin’ Glucose saremmo i principi dell’universalità.
Perché scrivere di musica per noi è anche inevitabilmente raccontare le nostre vite e raccontare le nostre vite è l’unica cosa che sappiamo ed abbiamo voglia di fare.
Per questo ci piaceva scrivere qualcosa a proposito dell’Handmade: perché conosciamo personalmente buona parte dei gruppi che ci hanno suonato in passato e di quelli che suoneranno nell’edizione di quest’anno e ancora più conosciamo le persone – una in particolare – che hanno messo in piedi e tengono viva, estremamente viva, questa manifestazione.
E questi gruppi, queste persone, per i nostri parametri sono quelli giusti.
Hanno attitudine.
Copiare e incollare comunicati stampa e stilare elenchi di nomi non è pratica che ci appassioni.
Allora semplicemente abbiamo chiesto ad alcuni dei nomi inseriti nel cartellone di quest’anno di raccontarci quali sono i dischi che in questo momento amano. A noi ha sempre incuriosito sbirciare tra gli ascolti dei musicisti che ci piacciono.
Ed è un modo semplice per trovare il pretesto di piazzare il flyer dell’Handmade qui da noi.
MACHWEO
Le cose che ho amato di più nell’ultimo anno sono sicuramente:
It’s Album Time di Todd Terje, il disco pop per eccellenza dell’ultimo anno. Pop per come suona nella mia testa, non certo perché risponda ai canoni del genere. Todd Terje ha trovato la formula giusta nella struttura dei pezzi, che per questo in buona parte si assomigliano ma finisci per curartene molto poco, anzi arrivato alla fine ne vuoi ancora.
The Inheritors di James Holden, probabilmente risale a poco più di dodici mesi fa, ma è troppo bello per escluderlo dagli ascolti attuali, E’ un capolavoro di sintesi sonora, non saprei come altro descriverlo. E James Holden è un visionario che da la merda a tutti.
Poi Sunbather dei Deafheaven, e giuro che non sono un poser e Engravings di Forest Swords perché per l’estetica che Forest Swords ha costruito è IL disco del progetto dell’anno. Uno che sa cosa sta facendo, uno che ha un’idea precisa, ecco.
Poi ammetto di essere supersaturo di novità, ho sviluppato un ascolto pigrissimo per mille e più motivi, primo tra tutti il fatto che sono molto concentrato a scrivere la mia musica da mesi.
GREEN LIKE JULY
Due dischi che guardano al futuro ed uno che guarda al passato.
Tune-Yards, Nikki Nack e l’omonimo di St. Vincent sono due dischi semplicemente meravigliosi. Merrill Garbus e Annie Clark si confermano come due musiciste raffinate e sofisticate ed il loro modo di concepire la canzone pop è stato negli anni costante stimolo e fonte di ispirazione.
L’Orchestrina di Molto Agevole: Agevolissima! Vol. 1 è un disco che va a risvegliare gli angoli più assopiti del nostro inconscio collettivo. Ed è facile perdersi nei meandri di questo album. Da Rosamunda e Mazurca paesana si passa per polka e valzer fino ad arrivare all’immensa Ti scrivo e piango, vera perla del disco.
HIS CLANCYNESS
Spero che il pubblico non dia per scontato due album pubblicati da John Dwyer nel 2014. Il primo è Drop come Thee Oh Sees, per me dopo millemila cose pubblicate il loro disco migliore. Un vero capolavoro, riesce finalmente a bilanciare bene la band incredibile che sono dal vivo con le canzoni su disco.
L’altro è Damaged Bug, il suo progetto synth sci-fi punk, che merita solo per la copertina raffigurante un quadro di Brian Eno all’interno di una cabina di controllo di una navicella spaziale. Registrato sul suo Tascam 388 fa viaggiare lontano e ricorda quasi il McCartney di Temporary Secretary.
DID
Salad Days di Mac DeMarco, perchè lui è il cugino del nostro agente di booking Fabio De Marco (battuta, ndr) e nonostante questo è molto bravo. Ci ricorda i Real Estate ma fortunatamente anche Ariel Pink. Il disco è semplicemente stupendo, perfetto in autostrada nel tratto da Genova a Livorno.
Asiatisch di Fatima Al Qadiri: usciamo matti per le cose arabe e ancora più di testa per le cose finte arabe. Tutto l’album è un po’ pesante forse ma merita più di un ascolto.
E poi l’immaginario grafico è molto cooooool.
Drop the Vowels di Millie & Andrea: loro sono Andy Stott e Miles Whittaker di Demdike Stare. Musica un po’ pastigliette (“pastiglie” nel nostro speciale vocabolario significa musica elettronica) ma Quirino adora le pastiglie e quindi dovevamo metterlo.
CHOW
UNIVERSAL SEX ARENA – Women will be girls (2013)
Una band incredibile che fa un disco d’esordio incredibile, con così tanta carne al fuoco che tentare di incasellarlo sarebbe più inutile del solito. Solo da ascoltare e amare. E da vedere in concerto.
SCREAMING TREES – Invisible Lantern (1988)
Uno di noi lo ascolta incessantemente dal 2000, anno in cui lo comprò per 20.000 lire da Underground Records. E non si è ancora rotto i coglioni.
THE PRETTY THINGS – S.F. Sorrow (1968)
Dopo averli visti ormai settantenni al Locomotiv e, a distanza di un anno, al Freakout, e avendo constatato che i pezzi del periodo psichedelico gli riescono alla grande, abbiamo ritirato fuori questo lp, che è uno dei primi concept album della storia. Il più bel film mai visto.
SUN KIL MOON – Benji (2014)
Uno di noi ci strippa, ma ora sta lavorando e non può dire il perché, quindi, qualora non lo conosceste, andatevelo a sentire.
RAIN PARADE – Explosions In The Glass Palace (1984), Emergency Third Rail Power Trip (1983)
In ordine di assiduità di ascolto, almeno due di noi si sono sparati sonore pippe mentali su questi due album. Il primo (in ordine di citazione) è un road trip della madonna, nel senso di road ma, soprattutto, in quello di TRIP. Il secondo (che poi sarebbe il primo), è un monumento al jingle jangle, alla fattanza e all’ indolenza totale: sonnolento, pigro, mielosetto. In altre parole, un gioiello.
MINUTEMEN – Double Nickels On The Dime (1984)
Uno di noi non li apprezza come dovrebbe, ed il risultato è che gli altri, quando lo esprime, lo guardano come si guarda una merda farcita all’amarena, e non hanno poi tutti i torti. Comunque è il disco che ci siamo sentiti in macchina mentre, usciti dallo studio di registrazione, andavamo a mangiare la salama da sugo, per la cronaca.
CLAUDIO ROCCHI – Volo Magico N.1 (1971)
Insieme a Donovan e ad Alice Cooper, la perfetta colonna sonora per le nostre cene collettive a base di cinghiale. Non chiedeteci però il perchè.