Warren Ellis
Warren Ellis

Poco sesso, pochi scandali, molta guerra, molto teatro, molte famiglie in difficoltà e di sicuro nessun capolavoro. Questo in 2 righe quello che ha lasciato la 71esima Mostra del Cinema di Venezia. A mio avviso tra le edizioni più modeste degli ultimi anni anche a causa della concorrenza ormai agguerrita del sempre più potente Festival di Toronto in corso in questi giorni.

Sul fronte a noi più caro, quello musicale, segnaliamo invece i 2 lavori della coppia Warren Ellis e Nick Cave che firmano la colonna sonora di “Loin des Hommes” (di cui parleremo in seguito) e gli Explosions in the Sky che accompagnano per l’ennesima volta il lavoro del loro amico regista texano David Gordon Green . Green era il regista che alla vigilia aspettavo con più impazienza in quanto usciva da 2 film a mio avviso riuscitissimi come Prince Avalanche e Joe, entrambi in cima alle mie preferenze 2013 e segnalati anche su queste pagine.

Il suo nuovo lavoro : Manglehorn interpretato da Al Pacino risulta invece solamente “piacevole” e scivola via senza nessun graffio così come non graffiano gli amati Explosions in the Sky.

Ma non è compito di Fiver commentare le aspettative disattese oppure i premi assegnati nella giornata conclusiva, quindi mi attengo al più gradevole compito di  indicare le 5 opere che per un motivo o per l’altro mi sono rimaste più dentro nella settimana veneziana

 

LOIN DES HOMMES di David Oelhoffen  (Francia)

loin des hommes

Le colonne sonore di Warren Ellis non le senti. Però succede che sei lì che segui una narrazione piuttosto normale ed ordinaria e a metà film ti accorgi che tutto sta assumendo una dimensione epica come i vecchi western che vedevi da bambino e ti rendi conto che questo processo dell’anima è aiutato sostanzialmente proprio dalle note apparentemente innoque composte da Warren Ellis (ovviamente stiamo parlando del fondatore dei Dirty Three e non dell’ononimo scrittore britannico)

Mi era già capitata la stessa cosa con The Road, con Lawless e soprattutto con il sottovalutato “L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford”, tutte pellicole di cui la coppia Ellis/Cave firmavano le splendide colonne sonore.

In questo caso i nostri si mettono al servizio del regista francese David Oelhoffen che ha l’idea originale di prendere un breve racconto di Camus (L’ospite) , ambientato nella guerra franco-algerina e girarlo come se fosse un western. Ne esce una pellicola a mio avviso tra le migliori viste a Venezia 2014 e che forse rappresenta il mio personalissimo Leone d’Oro.

Da sottolineare la prova di Viggo Mortensen che recita in arabo per rendere più credibile il suo personaggio (dopo aver recitato in russo per Cronenberg alcuni anni fa ne “La Promessa dell’assassino”). Uno dei mille motivi per scegliere sempre – quando è possibile – i film in lingua originale.

 

GOODNIGHT MOMMY di Veronika Franz e Severin Fiala (Austria)

goodnight-mommy

 

Il film che quest’anno non è riuscito a Kim Ki-Duk è invece riuscito alla regista austriaca Veronika Franz, qui alla sua opera prima e conosciuta in patria per essere la sceneggiatrice del regista di culto Ulrich Seidl.  Di sicuro il risultato ottenuto dalla Franz è quello di avere portato la trama a mio avviso più originale dell’intera rassegna, in una Mostra che al contrario ha spesso riproposto storie già viste.

In “Ich seh, ich seh”, il titolo austriaco del film che significa “Vedimi, Vedimi”, una madre ritorna a casa con il volto completamente bendato dopo un delicato intervento chirurgico. La donna non vorrà mai farsi vedere sbendata dai 2 figli (due gemelli di 10 anni) e il suo carattere risulterà completamente cambiato dopo l’intervento. Diventata più rigida e lontana dagli affetti tratterà i figli – senza padre – con gelo e severità, tanto che i bimbi inizieranno a dubitare che quella sia la loro vera madre. Per tutto il film saremo spettatori della relazione sempre più tesa tra i 3 protagonisti.

Non so se il film uscirà in Italia, ad oggi non mi risulta comprato da nessuna casa di distribuzione. Nel caso uscisse e venisse presentato come un horror (errore fatto con lo splendido “Lasciami entrare” di qualche anno fa) sicuramente non incontrerà il favore degli appassionati del genere.

Ma se verrà presentato come thriller psicologico e film d’autore penso possa avvicinare molti estimatori proprio per la sua originalità

 

SHE’S FUNNY THAT WAY di Peter Bogdanovich – Usa

she.s funny...

“La commedia non è un genere cinematografico è un modo per intendere la vita. La commedia non la puoi costruire o ce l’hai dentro oppure ti riuscirà un prodotto artefatto” Ho pensato a questo commento critico vedendo l’ottimo ritorno alla regia di Peter Bogdanovich. Non si può certo gridare al capolavoro o al film che rimarrà negli annali, ma in ogni modo vedere una commedia ad un Festival cinematografico è già un evento raro , vederla riuscita lo è ancora di più.

Fa strano rilevare che il il ritmo ed i dialoghi più freschi e genuini visti alla Mostra vengano da un regista di 75 anni tra l’altro finito per lunghi periodi nell’assoluto anonimato.

Per il resto , chi non lo ha ancora fatto , si segni il nome di Imogene Poots la giovane attrice inglese che sicuramente ha sempre di più la strada spianata anche ad Hollywood per ricevere infinite proposte. Vedremo se saprà sceglierle al meglio.

 

 

99 HOMES – di Ramin Bahrani – Usa

99 home

 

I registi indipendenti americani che sbarcano ad Hollywood hanno solo 2 possibilità: o vengono  inglobati dal mainstream o riescono a mantenere uno sguardo piuttosto originale sulle cose.

Il buon Ramin Baharani sembra appartenere a questa seconda categoria. In 99 Homes sceglie 2 attori conosciuti : il sempre più bravo Michael Shannon e il giovane Andrew Garfield (il nuovo Spiderman per intenderci) e ci racconta il dramma molto attuale delle famiglie sfrattate dal Governo degli Stati Uniti a causa dei mancati pagamenti di rate di affitto. Una trama del genere in mano ad un regista europeo avrebbe avuto sicuramente un taglio più lento e malinconico. Baharani riesce invece a girare un film ricco di adrenalina e con il ritmo quasi da action-movie. Per questo motivo il film (se e quando uscirà) potrà avere anche un buon riscontro di pubblico.

 

 

RETOUR A ITACHA di Laurent Cantet – Francia

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Il gioco che propone Laurent Cantet è molto simile a quello proposto ne “La Classe” il suo film più noto che vinse la Palma d’Oro a Cannes nel 2008. Se allora chiudeva tra le mura di una classe di liceo francese il professore ed i suoi alunni, questa volta Cantet ci propone per 2 ore l’incontro tra 5 amici cubani su una terrazza di l’Avana. Il motivo della serata è quella di ritrovarsi insieme dopo 16 anni per festeggiare il ritorno da esule di uno di loro. Le sceneggiature di Cantet non sono mai banali e portano a riflettere su vari punti di vista. In questo caso è la nostalgia a farla da padrona e tutti i protagonisti risulteranno sconfitti e schiacciati dai loro sogni e dalla loro terra.

Forse troppo spinto nel criticare Cuba il film sicuramente potrà interessare maggiormente agli amanti di questa splendida e contradditoria isola.

Il film dovrebbe uscire in Italia a Gennaio 2015 con il più scontato titolo “Ritorno a l’Avana” ..forse perché c’e’ timore che il pubblico non sia all’altezza di sapere che cosa è e cosa rappresenta l’isola di Itaca.

 

 

Come a volte può accadere nel Fiver, cado nella tentazione di segnalare una “bonus track” o movie..in questo caso..

Si tratta di “The Look of Silence” di Joshua Oppenheimer.

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Non l’ho segnalato nella mia top five solo perché se ne è largamente parlato sui giornali e inoltre la vittoria del Gran Premio della Giuria lo aiuterà sicuramente a girare nelle sale.

Il membro più noto nella giuria di quest’anno (Tim Roth) lo ha definito “masterpiece” : capolavoro.

Forse un giudizio esagerato dal punto di vista strettamente cinematografico, ma a mio avviso assolutamente calzante per l’importanza umanitaria dell’opera. Mettere cioè a confronto vittime ed artefici del genocidio indonesiano degli anni ’70 e di cui la storia ha tramandato ben poco.

In questi giorni sta passando su Sky Arte la precedente opera di Oppenheimer “The act of Killing” che ebbi il piacere di segnalare a gennaio su queste pagine tra i migliori documentari del 2013 e di cui “The Look of Silence” è l’ideale seguito.

Se vi capita – e se siete interessati a queste tematiche – non perdetelo …anche se di certo non saranno 2 ore di svago.

MASSIMO STERPI

 


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