Fugazi
Fugazi

Ognuno ha i miti che si merita. I Velvet Underground sono una di quelle poche storie che in un modo o nell’altro hanno finito per cambiarmi letteralmente la vita.
Non voglio parlare di loro, però. O quantomeno non direttamente.
Dei Velvet il personaggio che ho sempre amato di più è stata la batterista, Maureen Tucker. Nonostante nel processo creativo della band fosse probabilmente l’ultima ruota del carro, messa in ombra non solo dalla coppia Reed / Cale ma anche dalla tossica teutonica dai capelli color oro.
Nonostante non fosse oggettivamente una bellezza, il suo viso spigoloso, nascosto dagli immancabili occhiali scuri, ha rappresentato per me l’essenza della “coolness” nella sua forma più pura.
E il suo incedere minimale dietro i tamburi ha influenzato una marea di gruppi “nostri” che sono arrivati in seguito. Chiedere a Bobbie Gillespie, versione batterista nella primissima versione dei Jesus and Mary Chain, da chi avesse preso ispirazione, per dire.
Ricordo bene l’inutile tour dei Velvet del 1993. Di quella serata bolognese apprezzai unicamente il composto incedere della Tucker, che mi parve una luce nella tempesta di ego troppo grandi per stare rinchiusi in un unico palcoscenico.
Appena sbarcato in facebook, qualche hanno fa, le ho chiesto l’amicizia. Maureen accettò quasi immediatamente e mi pare di ricordare che me ne vantai pure con i soliti amici (quelli veri, in questo caso). Maureen è discreta anche nella sua vita sociale. Interviene di rado. Per lo più linkando articoli. Prevalentemente di politica e cronaca. Come se l’arte fosse scomparsa dai suoi radar. Simile ad una casalinga di Casalpusterlengo che vota lega nord: i suoi obiettivi preferiti sono gli immigrati clandestini messicani, l’islam e Obama. L’altro giorno a quell’amicizia virtuale ho definitivamente rinunciato. I pochi miti che uno ha non deve per forza farseli rovinare dal tragico scorrere del quotidiano.

Thurston Moore – Speak to the Wild

Thurston Moore, al contrario, nonostante si avvicini alla sessantina è il solito vulcano di progetti. Seguire lui, anche solo su facebook, è una continua ispirazione. Letteratura, fotografia e poi sopratutto musica, la sua, non solo la sua ma anche quella degli altri. Il giorno che è uscito il nuovo album sul mercato si è inventato una playlist fantastica. Non di pezzi suoi, sia chiaro. Ma roba a 360 gradi, tipo bignamino di quello che lo ha ispirato nel corso degli anni. Dischi e gruppi che qualsiasi appassionato di musica dovrebbe mandare a memoria. Quello è stato il suo modo di fare promozione al disco nuovo, per dire. Hai voglia a spiegare il significato di “indie” quando in alcuni casi c’è tutto un mondo da esplorare.
Il disco nuovo è a suo modo un classico, tanto è vicino per tematiche e sonorità ad un qualsiasi album dei Sonic Youth. E questo è il migliore complimento che mi possa venire in mente. Si potrebbe scegliere una canzone a caso ma questa Speak to the Wild, che il disco nuovo lo apre, con il suo incedere privo di insicurezze, quei soliti pochi accordi di chitarra così riconoscibili e una linea vocale appena più accennata del solito mi sembra che riassuma perfettamente la statura di un disco eccellente. Quello che stupisce semmai è la qualità della parte lirica, dell’album in generale e di questa canzone in particolare. A forza di nominare Burroghs e compagnia, di citazioni letterarie neppure tanto velate ci si ritrova tra le mani uno di quei rari dischi che vanno valutati da più prospettive. La forza creativa di Thurston Moore mi ha fatto tornare in mente una citazione di Jack Kerouac: “I just won’t sleep,” I decided. There were so many other interesting things to do.”  Sembra averlo preso in parola, per nostra fortuna.

Fugazi – Merchandise

 Era meglio il demo. Già, era meglio. E non è una gag in questo caso.
Questa versione di Merchandise, dei Fugazi, è tratta dal nuovo album che raccoglie appunto il primo demo della band, registrato quando avevano appena 10 concerti alle spalle.
Inutile girarci intorno, ci sono gruppi, dischi, canzoni di cui non potremmo mai parlare con obiettività. Fugazi è una storia di pugni stretti per la rabbia, di canzoni urlate in faccia, di sudore e di commozione. Quella che sale come un brivido quando ascolti per l’ennesima volta quelle parole e quella combinazione di chitarra e basso che ci rimandano all’Inghilterra del post-punk in maniera ancor più evidente che nella versione originale. In maniera ancor più cruda. Ancor più vera. Se possibile.

Menace Beach – Come On Give Up

 Bella canzone, questa Come On Give Up. La troverete nel debutto sulla lunga distanza di Menace Beach, band di Leeds, che uscirà ad inizio 2015. Un gruppo di chitarre, ritornelli accattivanti, melodie e una piccolissima dose di trasgressione. Roba tipicamente anni ‘90 off course, a metà strada tra Breeders, Elastica e Sleeper. Che detto così sembra un modo neppure tanto elegante di metterli fin da subito nell’angolino di quelle band che sì, vabbè, però, dai……e invece no, per una volta mi lascio conquistare fino in fondo da una canzone che si fa fischiettare dopo 3 ascolti. Nient’altro da chiedere ad una canzone pop, personalmente.

Hookworms – Off Screen

 Sempre da Leeds, Inghilterra arrivano anche Hookworms. Pure per loro album in uscita, il secondo in questo caso, in questi primi giorni di novembre. Questo brano che lo preannuncia è una bella sinfonia di synth e chitarre di quasi otto minuti. Chitarre, feedback, pedali e alla parete i santini di Loop, Slowdive, Spacemen 3, etc, etc; Si fa un gran parlare di neo-psichedelia, spesso a sproposito, ma in questo caso sembrano parole ben spese e il livello sembra davvero una spanna sopra tutto quello che ci è capitato di ascoltare nel genere ultimamente.

The Felines – Pity for your Eyes

 Irresistibili, direi. Tre ragazze di Copenaghen che arrivano fin dall’altra parte dell’oceano e grazie alla californiana, ottima, Burger Records, trovano distribuzione ed un minimo di esposizione. Questa canzone che preannuncia un nuovo album è puro stile Lee Hazlewood / Nancy Sinatra, seppur in una semplicità di arrangiamento che sfiora la banalità. Ma a certe cose, inutile, non riesco proprio ad opporre resistenza.

Cesare Lorenzi


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