
Un altro anno. Consciamente o inconsciamente me lo ritrovo sbattuto in faccia.
Ieri sera ero in macchina. Stavo andando ad espletare una di quelle funzioni che toccano ai padri, ovvero ritirare la torta di compleanno di mia figlia. Avendo la casa invasa da giovani fruitrici di musica che esultavano a ogni pezzo di Fedez o “della canzone di Frozen” rimandata dai loro telefonini non posso dire che questa incombenza mi fosse particolarmente sgradita. Alla mia richiesta su come scegliessero i loro ascolti la risposta mi aveva fatto sentire decrepito..“noi le canzoni che ci piacciono le troviamo su You Tube, basta che ne mettiamo una e le altre ce le consiglia You Tube!” esclamavano festanti. (Giustamente festanti come delle tredicenni possono e devono essere).
La radio sottolineava il breve tragitto con delle note familiari.
Ci ho messo poco a riconoscere “Your Ghost”, una vecchia canzone dall’album solista di Kristin Hersh con l’accompagnamento vocale di Michael Stipe.
Quel Michael Stipe riemerso negli ultimi giorni dopo diverso tempo per delle fugaci ed impreviste esibizioni dal vivo: giacca, cravatta e un viso così invecchiato…
Mi succede ogni volta. Quando incrocio il viso appassito di qualche artista o, peggio, calciatore della mia adolescenza sulle tv
locali, mi assale lo sconforto per come deve sembrare il MIO di viso che ho seguito da semplice spettatore le parabole artistiche o sportive di questi personaggi e che ricordo lungocriniti (Michael Stipe) o a scavallare sulla fascia.
La canzone in questione però non è una canzone qualsiasi per il sottoscritto in quanto appariva in questa che è stata la mia prima recensione in assoluto per della stampa “importante”.
Febbraio 1994. 21 anni fa.
Ho evitato di guardare la mia immagine riflessa nell’ immenso specchio posto nella gelateria per paura di vedermi con una lunga barba bianca e il viso tempestato da rughe.
Sono corso a casa e ho tirato fuori questa foto che mi fa sempre sentire meglio.
Buon compleanno ragazza tredicenne concepita poche ore prima di un concerto dei Giardini di Mirò al Covo. Uno dei luoghi dove, ancora adesso, attorniato dalla mia mia musica e dai miei amici, gli specchi mi restituiscono un’immagine ancora accettabile.
The Districts – 4th and Roebling
Band of outsiders da Lititz, Pennsylvania.
Un album in uscita a febbraio, un attitudine Diy e una gran voglia di spaccare il mondo con le armi che gli Strokes non sanno più usare.
Ascolto questo pezzo in tangenziale, stringo i pugni e ho voglia di abbracciare il camionista che mi taglia la strada per la terza volta urlando a squarciagola “I ain’t the same anymore, I ain’t the same from before”!
Bully – Brainfreeze
Un nome improbabile come Alicia Bognanno e un lavoro da “intern” nello studio di registrazione per il più scostante dei datori di lavoro: Steve Albini. I fogli tornano nel calendario e segnano un anno a piacere tra 1992 e 1994. Belly, Breeders, Juliana Hatfield. In quegli anni sembrava che la nazione del pop ce la saremmo annessa come in un assurda partita di Risiko. Non è andata poi così ma una melodia come questa riporta a quel periodo nel quale Evan Dando era sulle copertine dei giornali per teenagers e Kurt was God.
Benjamin Booker – Violent Shiver
Venticinque anni da New Orleans. Una faccia da star annunciata. Cita classici del blues e Gun Club tra le sue influenze. Arriva a pochi millimetri da una classicità troppo pronunciata per i miei gusti e so già che il prossimo album non mi piacerà ma finché i risultati sono questi è un bel viaggiare.
H Hawkline – Ghouls
Best kept secret secondo schiere di fan. Un album in uscita prodotto da Cate Le Bon e, pare, un carattere da inaffidabile cronico. Sembrano tutte carte in regola per sentirne parlare parecchio compresa questa stramba slackness che pervade Ghouls. Vedremo.
Trust Fund – Cut Me Out
Già giustamente incensati in un precedente fiver per lo split con i Joanna Gruesome. L’album in uscita si chiama “No One’s Coming For Us”. Amici dei Los Campesinos e Cut Me Out non atterra molto lontano da lì. Impossibile volergli male. Uno stupido video pieno di cani e facce buffe con tanto di credits finali (anche dei cani..). Sarebbe stato bello partecipare a Bristol al party di lancio improbabilmente battezzato “Ravioli Me Away”..ma rimedierò ascoltando l’album con dei ravioli nostrani nel piatto. Da quel punto di vista non credo di perdermi poi tanto.
Massimiliano Bucchieri