
Dalla Grecia agli Unknown Mortal Orchestra passando per Vasco Rossi
I percorsi mentali, si sa, possono seguire i percorsi più imprevedibili ed imperscrutabili. Parti da un immagine, un suono e dopo poco ti ritrovi da tutt’altra parte. L’altra sera, ad esempio, stavo seguendo le drammatiche notizie dalla Grecia e mi sono tornate in mente un paio di immagini. La Grecia classica l’ho visitata circa 35 anni fa, da quindicenne, con i miei genitori, ma invece che il Partenone o Micene i miei ricordi sono più bizzarri e imprevisti. Il primo riguarda un’anziana proprietaria di una minuscola pasticceria di fianco all’hotel. Ricordo ancora che dopo avermi servito un dolcetto arrancò fuori dal bancone trascinandosi dietro una sedia sulla quale insistette mi accomodassi per poi portarmi un bicchiere d’acqua con mani tremanti. Ricordo ancora lo stupore e il surrealismo di quella scena. Il secondo “ricordo greco” riguarda una biondina felsinea che cercavo vanamente di approcciare sul pullman che ci portava in giro per la penisola ellenica. La ragazza blaterava in continuazione di questo esordiente ..blah blah..Vasco Rossi …blah blah…Albachiara..blah blah…. Per uno come me che staccava dal piatto Heroes solo per sostituirlo con il primo dei Clash, e viceversa, la conversazione era tra l’ostico e l’impossibile. Io Vasco l’avevo sentito e l’avevo agevolmente rigettato con una sicurezza che mi avrebbe accompagnato negli anni seguenti. I casi della vita mi hanno portato, molti anni dopo, a incontrare spesso la superstar emiliana per una, diciamo così, vicinanza geografica. Incontri muti tra un non fan ed un, devo dire, educato signore sottolineati al massimo da un cenno del capo. Ricordo in particolare un giorno, non molti anni fa, in cui, in attesa di parcheggiare la macchina, ho lasciato la portiera aperta con il primo disco degli Unknown Mortal Orchestra che rumorosamente si faceva strada nel silenzio del garage. Date le spalle alla vettura non ho notato la figura che sostava accanto alla portiera con sguardo interrogativo. Sì, era lui che, registrata la mia presenza, si sottrasse velocemente al benché minimo scambio di vedute. Ora, mi piacerebbe ricamare su questo piccolo episodio per testimoniare l’influenza del gruppo di Portland sulle prove successive del rocker di Zocca. Ma in realtà no, non è andata così. Le nostre strade si sono divise, lui con le sue fortune, io con i miei dischi incisi da sfigati. Peccato perché in Multi-Love ci sono tante e tali idee con le quali garantirsi una nuova carriera. Un gigantesco frullatore dove le teorie di pop psichedelico morbido dei Flaming Lips di Soft Bulletin incontrano la classe degli Steely Dan in un precipitato dall’approccio veramente “fisico”, quasi punk rock. Se poi ci si addentra nelle storie di menage a trois, immigrazione e amore “altro” raccontate da Ruban Nielson non se ne esce più. (http://pitchfork.com/features/profiles/9646-love-is-strange-the-multitudes-of-unknown-mortal-orchestras-ruban-nielson/ )
