david bowie blackstar
David Bowie

Anche se ormai tutto è stato detto e tutto è stato scritto e, immagino, alcuni cominceranno ad essere anche un po’ saturi, può un avvenimento come la morte di David Bowie passare senza lasciare traccia sulle pagine di Sniffin’ Glucose?
No.
ll sottoscritto, dei tre fondatori della pagina, è il vero fan, gli altri ne hanno sempre riconosciuto  la grandezza un po’ più a distanza.
Riguardo il mio rapporto con lui non ho molto da aggiungere alle cose che ho scritto non più tardi di un mese fa qui: https://sniffinglucose.com/2015/11/30/dontt-you-wonder-sometimes-fiver-46-2015/

Anche dalla mia posizione di osservatore molto coinvolto la reazione globale è stata impressionante e mi ha portato ad interrogarmi  sui meccanismi che si innescano quando muore una figura pubblica di questa portata le cui opere hanno significato molto in varie fasi della vita di molte persone.
L’impatto è compatto, poderoso e persistente ma senza la disperazione che può travolgerti quando perdi una persona a te vicina fisicamente come  un familiare, un amico.
C’è sempre qualcuno pronto a ricordarti ..eh ma mica lo conoscevi personalmente.. eh ha fatto sicuramente una vita più bella di tutte le nostre..  eh ma a 69 anni è normale, poi con tutta quella droga alcool e sesso…
Ok, niente di strettamente personale, tutto più facile da superare, giusto?
Proprio per niente. Non passa. Da lunedì un riflesso condizionato mi porta a smazzare vinili, cd, giornali, dvd, foto, libri senza soluzione di continuità e ogni volta è un piccolo colpo al cuore.
Ricordo le esatte circostanze in cui ho comprato quel disco, trovo piccole note a matita sui libri vergate con una calligrafia che non mi appartiene più da tanti anni. La volta in cui feci comprare Let’s Dance ad Arturo, in un negozio che non esiste più da un paio di decenni, perchè ero ammalato. La videocassetta di quello stupido filmetto che era Labyrinth regalata alla ragazza che sarebbe diventata LA mia compagna. I poster sulle pareti della mia cameretta di adolescente con la vecchia zia che si inteneriva pensando che fossero mie fotografie…e mille altri momenti.

E’ che, in definitiva, non riesco a trovare niente di più personale della relazione che si è instaurata con un artista che ha scritto decine di canzoni che, fin dalle prime note, da sempre, catturano la mia attenzione e mi catapultano in periodi esatti della mia vita. Momenti, emozioni. Amici, amori, facce, luoghi…  Certo, è il potere della musica pop, a tutti capita. Bene, a me capita ogni volta che sento la voce di Bowie.
Lui è una parte importante della mia storia. Una guida verso un mondo fatto di amore per l’arte, l’eleganza, la sensibilità…non giocando mai sul sicuro, osando l’impossibile.
Sono quello che sono anche grazie a lui e so che molti, in questi giorni, stanno vivendo, ognuno a modo proprio, le stesse sensazioni.
Se non è maledettamente personale tutto questo, non so più cosa lo sia.

DAVID BOWIE – DOLLAR DAYS

Mi sono imposto di non fare un Fiver con 5 pezzi di Bowie ma almeno il primo doveva essere questo. Mi sono attaccato a Blackstar in modo morboso, al di là di tutte le interpretazioni simboliche è facile dire che è il suo disco migliore dai tempi di Scary Monsters (1980), degno di sedere accanto ai capolavori della trilogia berlinese. Dollar Days è la mia preferita. Un placido lago di malinconia, una melodia di una bellezza impossibile che man mano si trasforma in un grido di aiuto con il sax che da rilassato sembra cercare disperatamente una via di fuga. Ma non la trova.

VIRGIN KIDS – MY ALONE

Black Lips, Burger Records, Misfits, Descendants..un precipitato di riferimenti impegnativi ma azzeccati per il terzetto londinese che centra in pieno il bersaglio. Qualcosa delle Coathangers e la porta del garage che sbatte ripetutamente e violentemente. Perfetta per saltare ottusamente in giro per casa e rimettere in moto le giunture arrugginite in vista dell’Inverno festival del 29-30/1.

QUILT – ROLLER

How can you believe that everyone you meet is just here to entertain you?” una frase con la quale mi piacerebbe aver apostrofato alcune persone che ho incrociato sul mio cammino. Il nuovo album dei dissonanti ma melodici bostoniani Quilt si chiama Plaza ed a giudicare da Roller ha tutte le carte in regola per bissare, se non superare, l’eccellente Held In Splendor di un paio di anni fa.  La deliziosa voce di Anna Fox Rochinski punteggia una melodia che sorvola rotte sixties, seventies (un theremin?) ed atterra ai giorni nostri in un college qualsiasi della East Coast.

MILD HIGHCLUB -ROLLERCOASTER BABY

Ho un piccolo picchio di legno sulla mia scrivania che scende lungo una piccola sbarra di ferro picchiettando con una cadenza sempre uguale. Ipnotica. Un po’ lo stesso effetto che mi provoca Rollercoaster Baby. Un che di Sparklehorse e un giro sempre uguale che non esce dalla testa. Di supporto agli Youth Lagoon, fra poche settimane anche dalle nostre parti.

HINDS – SAN DIEGO

Come si fa a non voler bene alle Hinds? Caotiche, sorridenti, sempre “cariche a pallettoni” e con una manciata di canzoni perfette per fare festa. Personalmente ho una sorta di unfinished business con loro. Dopo il concerto di quest’estate all’Ypsigrock la prima cosa che ho pensato è stata… “sì, brave ma quanto vorrei vederle al Covo in una dimensione più da club… ” Bene, venerdì prossimo sarò accontentato e spero veramente che saremo numerosi, sudati e con un bel sorriso stampato in faccia.

MASSIMILIANO BUCCHIERI


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