È passato anche questo Sanremo. Di nuovo ho assistito in silenzio, dalle bacheche social di amici e conoscenti sempre in prima fila dieci anni fa ai concerti punk in locali da cento persone, alla celebrazione di musicisti nella migliore delle ipotesi nulla più che figliastri della dance anni Ottanta mixata con le canzoni sceme della scena mainstream italiana anni Novanta.
Schifavamo tutta quella roba, ma oggi tutti a gasarsi per la terrificante canzone che ha vinto il festival, quelli più indie per LRDL. Quattro note messe in croce e una marcetta sotto, testi di una banalità da far sanguinare le orecchie che al confronto il Calcuttone nazionale pre it-pop dovrebbe essere chiamato Vate e venir trattato con la reverenza concessa ai massimi poeti. Eppure tutti (non è vero, non tutti, ma tanti, troppi) a tessere le lodi del carrozzone nazional-populista con i suoi mediocri protagonisti.
Ma che cazzo è successo? Ma, quando, esattamente vi si sono scollegate le sinapsi dai recettori uditivi? Quando, avete messo nello stesso piatto cacca e cioccolata? Non sentite che l’odore è un tantino diverso? Troppe ore sotto cassa in prima fila a sentire un duo shoegaze sparato a volume devastante in qualche microclub di provincia vi hanno bruciato i timpani? Non credo.
Forse, è un effetto collaterale del dolore di vedere Club una volta mecca del rock in cui oggi suonano i Pinguini Tattici Nucleari e i loro successori meno famosi? Potrebbe, ne abbiamo sofferto in tanti. Ma temo sia una faccenda molto più tragica.
Sculettando coi chiapponi sul divano su quella menata di “ciaociao” o di qualche altra robaccia sanremese, probabilmente stavate ordinando con just eat qualche schifezza di cui rimpinzarvi e che male c’è? Cosa diavolo ci potrebbe essere di male nel guardare roba da deficienti mangiando cibo spazzatura, portato a casa da qualche desperados che rischia di farsi stirare da un bus col bel clima frizzantino ma gaudente delle sere/notti di febbraio?
Cosa avete fatto di male, se siete corsi all’Ikea a comprare il nuovo tappetino HEMBJUDEN così carino e ispirato al Marocco, per invitare gli amici a sentire due che fanno gli acuti facendo venire a tutti i Brividi-ividi-ividi?
Niente. Tutti liberi. Basta sapere, però, perché l’avete fatto.
Cosa c’è di male nel comprare su Amazon l’ultimo romanzo che vi hanno consigliato in ufficio? (oh, costava 9.90. Cazzo, da https://www.facebook.com/gogolandcompany/ o alla https://www.facebook.com/ModoInfoshop/ 11.50, ma non posso mica sborsare il 15% in più, e che sono, babbo natale? Solo perché se la menano che sono indipendenti e che ci devono campare coi libri, mica è colpa mia, facessero anche loro un lavoro di merda come il mio, dieci ore al giorno in ufficio…)
Cosa, se fate la spesa alla Coop online che poi vi porta tutto al piano bello imballato in chili di plastica e se spendi abbastanza, la consegna è gratuita?
Ma, soprattutto, cazzo c’entra tutto ‘sto pippone con i brividi-ividi-ividi di Sanremo?
Gratis, gratis, il 10% in meno, offerta, saldi. Vacanza low-cost, cena al ristorante scontata su Groupon (esiste ancora? Sono un maledetto vecchio, lo so), compra un viaggio non per andare in un posto, ma a seconda di cosa mette in offerta Ryanair e poi, chissenefrega di dove andiamo a finire, un McDonald’s ci sarà se ci vien fame.
Compra solo da H&M e credi pure alle campagne Green Washing (bravo, almeno tu, Cosmo, bravi, almeno qui, LRDL a portarti sul palco a dire una cosa sensata) che la multinazionale è eco. Lo sai come è eco? Compra crediti. Inquina, paga e quindi scala gradi di inquinamento. Come a dire, io butto fuori 100 kg di merda dalla mia finestra tutti i giorni, ma siccome pago al condominio X denaro, corrispondente alle spese che avrebbe ripulire quella merda (ma con cui poi il condominio farà quello che vuole), è come se non avessi buttato la merda. Ma il cortile rimane pieno di merda. Non funziona il giochino, così, vi pare? Forse per questo i navigli stamattina sono alti dieci centimetri e il Po è più in secca di quanto normalmente sia a Ferragosto. E siamo a febbraio e sono in strada senza cappotto.
Viaggi low-cost con vestiti low-cost per vite low-cost con pensieri low-cost.
Oggi scrivo inferocito forse perché sono storto io. Forse perché ho dormito col culo scoperto. No, fa caldo, non me ne sarei accorto. Forse perché ho guardato un tg in cui veniva riportata una cosuccia da niente, fra una crisi e un’aria di guerra: il figlio della Regina d’Inghilterra si è comprato il giudizio al suo processo. Ha pagato circa 12 mln di sterline alla donna che lo accusava di averla stuprata quand’era minorenne e, in aggiunta, farà una donazione a un centro per le vittime di abusi. Cioè, l’orco, coi soldi suoi o di mammà, pagherà la vittima, caccerà due spicci nelle casse di un’associazione che aiuta altre vittime e tornerà a godersi la vita da orco nel suo lusso, nella sua tranquillità.
E, il male dietro questo abominio, nei tg nazionali, era del tutto scomparso, ma c’era una sola domanda ridondante: chi pagherà per questo? Venderà lui una delle sue proprietà o sua mammina, coi soldi delle tasse degli inglesi, sistemerà la faccenda? Ma, mi chiedo, di questa storia è questo il punto focale? Questa la questione da porre?
Bezos fa smontare un ponte storico a Rotterdam perché la sua ultima barchetta non ci passa sotto. Imprenditori licenziano via Whatsapp e delocalizzano per fare più soldi. Il principe Andrea compra lo stupro di una ragazzina.
Non vedete il nesso? Davvero? Male, amici miei, male. La cancrena, partita dai timpani, ha preso il cervello e non cogliete più le connessioni fra le cose.
Il sonno della ragione genera mostri, pensateci mentre aprite al rider, almeno ogni tanto. Magari vi passa la fame e smettete di ingrassare.
Davvero, non vedete l’ombra del potere del denaro, che secoli di evoluzione sociale aveva non certo cancellato, ma quanto meno limitato, messo in discussione, eticamente deprecato? Rivoluzioni, carte costituzionali, modelli socialisti hanno avuto, nella storia, il loro apice per mezzo secolo al centro del 1900. Poi, di botto, in meno di cinquant’anni siamo tornati al medioevo.
E tutti zitti a guardare la tv.
Il pensiero unico. Ecco cosa vi si è insinuato nel cervello. Un unico pensiero, un unico modo di vivere, declinato secondo qualsiasi tiramento purché sempre nel solco del produci-consuma-crepa. Parliamo con la schwa perché funziona, non perché è giusto. Scriviamo di sessualità fluida su Instagram perché cinque minuti dopo possa spuntare un sedicente musicista che si mostra, guarda un po’ che casualità, con lo smalto sulle unghie mentre suona e poi il post è in collaboration con la sua linea di make-up.
Tutto, solo, se fa fare skei, perché se non fosse così, del vostro orientamento sessuale, dei vostri gusti, della vostra libertà, se ne sbatterebbero il cazzo (o la passera o qualsiasi cosa vogliate per par condicio LGBTIQA+).
Ma vi volete svegliare? Ma davvero l’apertura di Trainspotting non solo fotografava il peggio del tempo di allora ma prediceva il futuro di tutti, anche e soprattutto di coloro che in gioventù si sentivano alternativi? Era il 1993, per l’opera letteraria; il 1996, per quella, forse più conosciuta e comunque eccezionale, cinematografica diretta da Danny Boyle.
Siete liberi, anzi liber* o liberu o come cazzo volete che si dica, solo dove e quando ve lo lasciano essere, solo fino a quando questa libertà avrà un beneficio economico per qualcuno, fino a quando questa libertà vorrà dire consumo. Siete liber@ di mangiare quello che volete, vestire come volete, ascoltare quello che volete, eppure.
Eppure. Eppure, non vi piaceva il fast food, ma da quando Bastianich (mamma mia, amico mio, mi stavi pure simpatico quando facivi lo stronzo chi parlava male i tratava male i concorrenti in tv, che brutta fine hai fatto. D’altra parte, dirai tu, se Gorbachev ha fatto la pubblicità di Pizza Hut, perché mai io non) da quando dice che c’è il Montasio d.o.p. nel panino e la consegna è gratuita e la M è verde bio, quasi quasi il panozzo mi piace, fa così anni Ottanta.
E, e da quando H&M ha messo dappertutto i cartelli con su scritto CONSCIOUS e poi fa le magliette dei gruppi metal di trent’anni fa a solo 9.90, quasi quasi.
E, e da quando tutti su Facebook dicono che Sanremo è figo, quasi quasi quella canzone demmerda mi si infila nella testa, la canticchio e comincio a dire che mi piace pure a me.
E, da quando Thatcher e Reagan cinquant’anni fa han deciso che non c’era altra via per l’umanità che correre come pazzi verso la crescita infinta, il mondo sta bruciando nel corpo, mentre dorme nell’anima e dimentica la bellezza, uccide l’arte; ma, finché c’è una canzone stupida a distrarvi dalla vita, che senza pensare a tutta ‘sta roba è già dura, voi sorridete e CiaoCiao.
Non sono più i vostri palati che scelgono cosa mangiare, non i vostri occhi come vestire e non le vostre orecchie cosa ascoltare.
Per questo tutto c’entra. Per questo sono così furibondo con ‘ste vagonate di faccine sorridenti, cuori e pollici in su per tutto e tutti. Ma non c’è veramente niente che vi fa cagare? Niente che vi fa arrabbiare? Niente che vorreste RIFIUTARE? Che bella parola. Rifiutare. Dire NO. Agli straordinari imposti, al delivery della spesa, ai nuovi bicchieri Maison du Monde che van benissimo quelli vecchi. E se, invece, volete H&M e McDonald’s, che siate voi a volerli. Che sia una deliberata scelta, conscia della contraddizione che si porta dietro, se poi vi dichiarate progressisti, eco-friendly, per non dire compagni (ahahahahahahahahahahahahahah, ma vi ricordate che c’è stato davvero un mondo in cui ci si chiamava “compagno” senza nessuna ironia? Una risata doveva seppellire loro e invece ci siamo sepolti noi).
Pure io uso Amazon. E quando lo faccio, so cosa sto facendo. E quando lo evito, sono felice di evitarlo. Esiste la CONTRADDIZIONE, era il nostro mantra in Cayenna, centro sociale e scuola di vita a Feltre nei primi Novanta. Ma la contraddizione va compresa, perché non diventi cibo per i potenti: serve CONSAPEVOLEZZA. Non è tutta la stessa roba, non c’è solo UN modo, non c’è solo UN pensiero, non è tutta la stessa musica.
Poi, se vi piacciono Sparklehorse e Idles e pure Blanco, che vi posso dire? De gustibus… va bene, non c’è problema. Ma vi piace tutto davvero? Vi interessa davvero Sanremo o ormai è una gag di cui però bisogna far parte? È tutto una gag, così possiamo non pensare a un cazzo e ordinare su deliveroo e poi autopercularci con storie ironiche su IG. E, intanto, su queste gag qualcuno guadagna soldi. Montagne di soldi, valanghe di soldi sotto cui soffoca tutto quello che non è gag e non è mediocre, che non arriva subito a tutti, che non è facile, che vi costringe a pensare. Che brutta parola. Già c’abbiamo avuto la pandemia, già sta per scoppiare una guerra potenzialmente da fine del mondo. Non dovremo mica anche pensare!
E, adesso che vi ho fatto passar la caricanza e mi state mandando a cagare (grazie, farò quanto prima), tornate pure a sentire quei tir di autotune e banalità che vi siete goduti fino all’altro giorno e Ciaociao.
Io porto giù la spazzatura e vedo quello che suona al campanello del mio condominio con lo zaino termico e la Coca-Cola in mano per qualcuno e avrà sessant’anni e ovviamente è un po’ più scuro del dovuto, parla un po’ peggio del dovuto e fa fatica a trovare il nome sul citofono e mi si stringe lo stomaco e mi vien da pensare che forse aveva ragione Irvine Welsh trent’anni fa e mi vien solo da bestemmiare e CiaoCiao.
FABIO RODDA
“Un padrone si sente sempre un po’ tranquillizzato dall’infamia dei suoi dipendenti.”
Céline
In questo #fiver hanno suonato
Idles
Bodega NYC
Plosivs
Jon Spencer
(Iggy Pop & Irvine Welsh)
Fontaines D.C.
Libro del mese
Nitrito
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Disco del mese
Dragon New Warm Mountain I Believe in You
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