Per la quarta volta raggiungo il Primavera Sound.
Alla fine di ogni edizione dico che sarà l’ultima, poi ci ricasco.
Tra le cose più originali c’e sempre il volo di andata.
Per ogni edizione prendo il volo Ryan Air da Bologna del giovedì mattina. E’ sempre piuttosto divertente realizzare che si tratta di una sorta di volo charter per il Festival, tanti sono i passeggeri facilmente riconoscibili dalle t-shirt. Quest’anno si va dai veterani con maglietta Husker Du ai più giovani con maglietta Chromeo. Sei così certo che la maggior parte di passeggeri stia andando al Primavera che si è chiamati a pensare che anche il pilota stia guidando con la maglietta dei Pixies e che il volo Ryan possa atterrare direttamente al Parc del Forum.
Ma è proprio nella riconoscibilità conclamata una volta saliti in aereo che possono scaturire osservazioni di antropologia pura.
Se il veterano del Primavera è seduto di fianco ad un neofita alla sua prima edizione, il neofita rischia un pippone di almeno 40 minuti. Verranno affrontati tutti i temi, dai consigli sui migliori falafel del festival, ai passaggi segreti tra un palco e l’altro per evitare le code, dai ferrei regolamenti dell’Auditorium ai consigli legati ai vari spazi Off del Festival.
Il veterano e il neofita sono molto diversi. Li si puo’ riconoscere già dal bagaglio.
Il neofita pensa di andare ai Caraibi a bere un mojito mentre ascolta in costume da bagno il live degli Arcade Fire. Il veterano ha invece in valigia un costoso abbigliamento tecnico da montagna e racconta al neofita aneddoti climatici simili a quelli narrati dalle popolazioni irochesi. Il neofita ascolta e sorride, pensando che il veterano stia esagerando, riderà meno 3 giorni dopo con 39 di febbre.
L’altro grande elemento di riconoscibilità tra le 2 categorie di festivalgoers è lo Schedule.
Tutti in aereo tiriamo fuori i già stropicciati foglietti dove sono stati diligentemente segnati i personali interessi delle 3 giornate. Le differenze le vedi dalle liste. Il neofita si è segnato 70 nomi, non li riuscirebbe a vedere nemmeno se stesse un mese a Barcellona, ma non può accettare e riconoscere con se stesso che se Sharon Van Etten suona alla stessa ora ad un kilometro di distanza dagli Slowdive , non esiste nessun Dio che potrà farglieli vedere entrambi.
Il veterano invece tira fuori uno schedule dove si è segnato pochi nomi a caratteri cubitali. Non perché è interessato a poche band, ma perché è da 4 mesi che si prepara per l’evento con selezioni dolorose. Ha già elaborato il lutto per tutto ciò che non potrà vedere e solitamente si autoconvince del suo operato con frasi del tipo “…Tanto John Grant l’ho già visto 3 volte”, ma intanto dentro sta piangendo.
L’ultima differenza è la programmazione dell’intero viaggio.
Il veterano dormirà fino a 15 minuti prima l’inizio del primo live e programmerà con serietà scientifica ogni spostamento da un palco all’altro, le sue energie sono centellinate per arrivare in forma anche per i concerti notturni. Ma a volte anche lui fallisce, non accettando che se il suo fisico ha superato i 40 non arriverà mai a vedere i Wolf Eyes alle 04 del mattino oppure può arrivarci ma probabilmente sarà l’ultimo live della vita.
Il neofita invece è da tanto che voleva visitare Barcellona e quindi oltre al Primavera si è segnato per ogni mattina gustose visite alla Sagrada Familia , al Museo Picasso e deve inoltre assolutamente trovare la maglietta originale di Puyol e Iniesta che aveva promesso agli amici.
Sovracaricandosi di così tanti impegni, il neofita si troverà già nel pomeriggio del secondo giorno a sperimentare nelle gambe quello che un ciclista prova scalando il Col du Galibier, solo che lui non è un ciclista e per di più ha pagato 180 euro il biglietto. Anche il neofita, tradito dal fisico, arriverà con il pianto nel cuore a rivedere i suoi 70 nomi che si era segnato nello schedule.
Vero elemento di originalità in questa edizione 2014 è lo “Schedule Emiliano-Romagnolo”. Tra Bologna e Ravenna nei giorni subito successivi al Primavera si sono esibite infatti ben 8 band presenti a Barcellona (tra cui 4 headliner). Il neofita ed il veterano si troveranno quindi uniti nell’ incrociare i propri schedules in base ai loro progetti dei giorni successivi.
Anche in questo caso il neofita – se molto giovane – rischia però di uscirne sconfitto. Dopo calcoli interminabili ammette a se stesso e agli altri che non ha la macchina e non saprà come caspita farà a raggiungere Marina di Ravenna.
Ma bando alle chiacchiere veniamo alla musica, il motivo per cui siamo qui e uno dei motivi per cui siamo al mondo.
Ecco il mio personalissimo “fiver” del PS 2014
Le 5 canzoni che più mi hanno emozionato nella 3 giorni barcellonese.
In ordine di apparizione on stage:
1) Midlake – Roscoe
I Midlake si esibiscono il primo giorno, all’ora del tramonto in uno dei rari momenti di sole e splendida temperatura. Ho amato in maniera smisurata i loro primi 3 album, poi a mio avviso la vena creativa si è di molto affievolita. Il live però me li fa tornare ad amare e i brani prendono tutti una certa epicità. Il tutto sarebbe ancora più bello se la voce di Eric Pulido fosse più limpida e meno effettata, ma forse il desiderio è quella di renderla più simile all’ex leader Tim Smith. Roscoe in ogni modo arriva a commuovere e rientrerebbe forse in un mio ideale best 100 degli anni 2000
2) Slowdive – Catch the Breeze
In questo caso non sono un fan, ma vado con molta curiosità. All’inizio tutto sembra un po’ incerto. Nei primi 2 brani Rachel Goswell e tutti i componenti della band sembrano quasi intimoriti (a parte Neil Halstead che ha occhi solo per la sua chitarra). Poi il concerto esplode con Catch the breeze, il calore del pubblico – tanto – arriva sul palco, la Goswell si scioglie ed elargirà sorrisi e dolcezze per tutta la durata del concerto. Le armonie di Catch the breeze e la voce di Rachel Goswell con il mare di fianco e le nuvole cariche di rosso tramonto è stato uno dei momenti emotivamente più forti del mio Primavera
3) War on Drugs – Under the Pressure
In questo caso non solo non sono (o meglio non ero) un fan, ma vado addirittura con un po’ di pregiudizi. Non avevo colto l’hype per il loro ultimo lavoro. Ma i Festival servono anche per questo, a volte incroci miti che ti deludono, altre volte gruppi nuovi con cui è amore a prima vista, altre volte ti trovi a rivedere completamente un giudizio su una band. E’ il mio caso con i War on Drugs , il live di gran lunga migliore – di quelli da me visti – di tutto il PS 2014.
Dal vivo si coglie molto di più il loro contatto con la tradizione “americana” e il mio gusto è ampiamente appagato. Finalmente colgo anche l’accomunanza con Bob Dylan, che fin qui non avevo assolutamente capito, il sound e soprattutto la voce di Adam Granduciel sono effettivamente equiparabili al Dylan dei migliori anni.
4) Volcano Choir – Comrade
Su Justin Vernon non sono obiettivo, lo confesso. Non mi ha ancora stancato come Bon Iver e lo apprezzo ulteriormente per le sue collaborazioni e per i suoi progetti collaterali tra cui il più importante è appunto Volcano Choir.
Contrariamente a quanto ci si può aspettare, il gruppo anche dal vivo risulta essere quello del chitarrista e compositore Chris Rosenau che ha il compito di presentare tutti i brani e relazionarsi con il pubblico. Mr. Vernon si limita ad essere la splendida voce della band e solo alla fine saluta e ringrazia tutti introducendo Still dal primo album dei V.C.
65 minuti a mio avviso splendidi.
5) Cloud Nothings – Stay Useless
Altro concerto che attendevo e altra conferma, questa volta in forma decisamente più oggettiva.
I Cloud Nothings sono devastanti e hanno dei brani meravigliosi che propongono senza tregua come se non ci fosse un domani. Iniziano con Quieter Today, poi Now Hear in ..e poi la splendida Stay Useless. Sono le 00,10 dell’ultima sera …e ho l’impressione che dopo questa non posso più chiedere nulla a Barcellona.
Per il resto torno a casa con lo zaino pieno di tanti altri momenti.
Come tanti, uso il Primavera anche come contenitori di generi, come occasione per conoscere band nuove e infine per concedermi “main event” che frequento sempre meno ma in cui mi accorgo di divertirmi ancora . Nel primo gruppo inserisco gli ottimi live dei Kronos Quartet , Caetano Veloso e Dr. John nel secondo gruppo (quello a cui tengo di più) La Sera, Majical Cloudz, Courtney Barnett e nell’ultimo decisamente i National – una spanna sopra tutti a mio avviso – e gli Arcade Fire.
E poi c’era Mr. Julian Cope in apertura della 3 giorni, a tessere un ideale filo conduttore tra quello che ero a 20 anni e quello che sono adesso.
MASSIMO STERPI