Merchandise
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C’è un momento, nella vita di ciascuno di noi, nel quale si fa un piccolo bilancio di quello che si è combinato. Di buono o meno, dell’immagine che si è data di se stessi. Lo sappiamo bene tutti. Certe volte questo momento te lo scegli, altre volte viene accelerato dagli eventi e ti si presenta un po’ all’improvviso.

Ulimamente la vita mi ha messo davanti un muro da scavalcare. Non un muro di cemento armato, per fortuna, ma un bel muro di mattoni sì, decisamente.
La cosa che mi ha lasciato sorpreso è come in quei momenti, nei quali il muro era davanti a me alto e apparantemente invalicabile, sia partito una sorta di tam tam sotteraneo (non incentivato in quanto la voglia di parlare era veramente inesistente) che ha chiamato a raccolta una quantità insospettabile e insperata di .. vogliamo chiamarli good thoughts?
Non saprei, ognuno li chiami come vuole. Una montagna di abbracci e buoni consigli (“Sguardo dritto e tutto andrà bene”.. ) che mi hanno aiutato come una spinta invisiblie a valicare quel muro che ora vedo nello specchietto retrovisore allontanarsi, molto lentamente, ma allontanarsi.

Non so come, anzi forse lo so ma tant’è.. mi è tornata alla mente una serata di diversi anni fa. Era il 25 novembre 1998 (serve a qualcosa tenere una maniacale agenda dei concerti..) e in una piccola stanza col soffitto basso chiamata Ex Machina a Forlì Robin Proper-Sheppard dava forma alle sue prime composizioni sotto la sigla Sophia e raccontava piccole storie tra una interpretazione e l’altra. Avevo amato molto Fixed Water, l’album d’esordio, e la piccola sala era impregnata di una malinconia tangibile e di sospiri sospesi.
La storia che mi è rimasta impressa, sin da allora, riguarda Jimmy Fernandez il bassista dei God Machine nei quali Robin aveva militato negli anni precedenti. I God Machine io li ho anche visti in un festival di Reading di pochi anni prima ma francamente ricordo poco e niente. Ricordo invece distintamente il racconto commosso di Robin. Di come, dopo aver visto il loro album tra i dischi consigliati in un negozio londinese, i due amici erano usciti sotto la pioggia correndo e piangendo di felicità. La comunanza spirituale provata in quel preciso momento.  Pochi mesi dopo Jimmy Fernandez moriva improvvisamente per un brutto male.

Due amici, attimi condivisi, segni lasciati per sempre.
Non é facile comportarsi sempre decentemente con chi incrocia il tuo cammino ma anche racconti come questi, cosi commossi e partecipi, hanno rappresentato un insegnamento che nel mio piccolo ho cercato di seguire.
La quantità di buoni pensieri che mi hanno sospinto in questi giorni difficili mi fa intravedere, fortunamente, un bilancio fortemente positivo.

Nothing – Bent nail

La vita spesso fa schifo, lo sappiamo. Dominic Palermo si ritrova in prigione a 21 anni per aver accoltellato un tizio. Si aggrappa agli ascolti fatti da ragazzo. La madre era una grande fan della 4Ad e dosi massicce di Cocteau Twins e Pale Saints oltre a Siouxsie e Cure venivano inoculate al figlio con suo grande turbamento, come confessato nelle rare interviste.
Finalmente fuori Dominic attacca la chitarra ad un amplificatore e alza il volume al massimo con lo sguardo ben fisso sulle proprie scarpe.
Swervedriver, Ride, primi Smashing Pumpkins (quando ancora il nome di Corgan non era diventato una parolaccia) il tutto al calor bianco, siamo su Relapse dopotutto.
Come i Cheatahs prima di loro, quest’anno, Nothing è il nome appeso alla mia parete con tre chiodi arrugginiti.

Priests – right wing

Preti. Non proprio una categoria con la quale ho una grande frequentazione nè mi confronto volentieri.
Per riguadagnare credibiltá ai miei occhi dovrebbero arruolare tra le loro fila un tipino come Katie Alice Glass.
Sguardo disorientato ma intenso, urla come se non ci fosse un dopo ma solo un adesso e, dietro, i suoi sodali incalzano con un assalto sonoro senza compromessi.
Post punk da Washington Dc ma nella gran parte delle loro schegge sonore la parola post casca a pezzi sul pavimento.

Happyness – Great Minds Think Alike, All Brains Taste The Same

Vento di terra. Non bisogna mettere le cose in acqua quando c’è vento di terra. Tristemente l’ho imparato dopo aver gonfiato per ore una costosa poltroncina  acquatica per mia figlia. Sembrava facilmente raggiungibile ma, beffardamente, appena ero a portata il vento maligno la spingeva un po’ piu in là fino a sparire all’orizzonte. Spero che qualche ragazzino di altra nazionalità se la stia godendo a quest’ora.
Gli Happyness mi fanno un po la stessa impressione. I riferimenti sono tutti davanti a me ben ordinati: Sparklehorse-Yo La Tengo-Pavement. Ma come cerchi di “metterli in acqua” ti sfuggono e non li raggiungi più.

The Phantom Band – The Wind That Cried The World

Negli ospedali la notte c’è un silenzio fragile spesso rotto, quando va male, da lamenti lontani o vicini e quando va bene dalle risate degli infermieri che cercano di alleggerire turni interminabili.
Rifugiarsi in cuffia è l’unica soluzione e se trovi anche qualcuno che ti “racconta una storia” come quei fantastici cialtroni della Phantom Band è ancora meglio.
Niente di meglio di un arcobaleno storto made in Glasgow per farsi trasportare altrove.

Merchandise – Little Killers

Da wikipedia: “Il chroma key o chiave cromatica (più precisamente intarsio a chiave colore), è una delle tecniche usate per realizzare i cosiddetti “effetti di Keying” (come il Luma Key o chiave di luminanza ed il Matte), effetti speciali usati soprattutto in ambito televisivo, ad esempio per le previsioni del tempo”.
Ecco il video del nuovo singolo dei Merchandise ne fa un gran uso di questa tecnica e posso dire, senza timore di smentita, che sia uno dei video più brutti degli ultimi anni.
Per fortuna in auto i video, ancora per poco immagino, non si possono vedere e allora Little Killers la posso ascoltare ancora ed ancora anche perchè con quel giro Strokes e quella voce Morrisseyana questa canzone porta impresso a lettere di fuoco la dicitura SONG OF THE SUMMER ’14.

Massimiliano Bucchieri


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