Innamorarsi è una faccenda importante, anzi di più: un’esigenza vitale. A volte ce ne dimentichiamo e smettiamo di provarci insabbiandoci fatalmente nelle basse maree del quotidiano, peggio ancora, sempre più spesso di quest’urgenza nemmeno ce ne rendiamo conto, la scartiamo preventivamente distratti dalla convinzione che non innamorarsi sia una situazione normale, uno status quo non emendabile.
Cominciamo a rinunciare prima ancora di iniziare a provare, o smettiamo troppo presto.
Ci pensava l’altro giorno mentre era alla ricerca delle possibili cause all’inerzia che da qualche tempo pareva essersi impadronita di un po’ tutte le cose che gli giravano attorno. Presumeva che questa indolenza, questa pigrizia che assaliva la mente prima ancora che il corpo, avesse anche a che fare con la carenza di stimoli e con la loro conseguente ricerca, fallimentare quanto continua. Non aveva idea se questa cosa fosse comune ad altri, in realtà poteva anche essere solo una questione di età. La sua età.
Comunque era già da un pezzo che gli capitava: gli eventi si succedevano e lui non poteva fare a meno di essere presente, continuava a incontrare persone ma mancavano drammaticamente gli scarti in avanti. Procedendo in orizzontale non riusciva a sfruttare alcuna spinta verso l’alto perché i motori che dovevano fornire quel moto ascensionale funzionavano al massimo a un quarto di quel che sarebbe dovuto essere il loro regime standard: non stava più andando da nessuna parte, insomma.
Fare le cose che da sempre era stato abituato a fare, quelle che in certa misura gli davano piacere ed erano in grado di generare entusiasmi, non spostava più alcun equilibrio: farle o non farle era diventato sostanzialmente irrilevante. Con la differenza – non da poco – che il non farle era molto meno faticoso che il farle. Quindi si chiedeva sempre più spesso se ne valesse la pena. E la risposta a quella domanda era invariabilmente una e una soltanto.
Rispetto all’innamorarsi aveva da sempre una sua teoria: immaginava che la propensione ad infatuarsi di qualcosa o di qualcuno dipendesse anche dalla quantità di amore a disposizione in ogni momento. Come se ognuno di noi avesse in dote una specie di vaso destinato a contenere le emozioni che periodicamente si colma per poi svuotarsi. Nei momenti di piena non è possibile andare oltre con il caricamento di ulteriori quote di affetto e viceversa quando scarico lascia un oceano di spazio per invaghimenti estemporanei che vengono trattati alla stregua di amori della vita. Giunto al punto in cui era arrivato lui iniziava a temere che quei canali dedicati a fare entrare e uscire amore dal suo personale vaso delle emozioni non facevano passare più nulla, come se si fossero nel tempo ossidati, incrostati dalla spessa patina delle troppe abitudini sedimentatesi e intasati dal sudiciume delle delusioni patite. E questo era un problema più serio di quanto poteva apparire ad un primo superficiale esame.
Forse era il tempo per iniziare una massiccia bonifica di quei canali, forse era il tempo di rimettersi in movimento, forse era il tempo di tornare a innamorarsi, o almeno anche solo provarci.
Partendo dalle canzoni, delle le persone avrebbe cominciato ad occuparsene più avanti.
Alvvays “In Undertow”
A proposito di innamorarsi, alcuni miei amici hanno sviluppato negli ultimi anni una passione fuori dall’ordinario per questa band canadese. Suppongo che sulla seduzione da essi esercitata un ruolo lo abbia anche il sorriso biondo della cantante, Molly Rankin. In ogni caso la canzone che annuncia il loro secondo album, Antisocialites (bel titolo) in uscita il prossimo mese di settembre, promette benissimo.
Poppies “Told”
Questi me li ha segnalati Cesare e li piazzo qui anche solo per il gusto di farlo incazzare scippandogli per l’ennesima volta il merito della scoperta. Arrivano da New York e la canzone qui sopra è uscita su un sette pollici cui è appena seguito un ep con dentro canzoni in cui si sente di più la voce della biondina di cui alla foto sotto al titolo di questo post. Una ragazza di quelle che a occhio è troppo facile innamorarcisi, quindi lasciamo stare.
Splashh “Waiting a Lifetime”
Non mi pare di aver letto in giro reazioni a questo nuovo disco degli Splashh che a parer mio è invece decisamente buono. Ma forse sono io che non le ho viste, da qualche tempo ho ripreso a leggere libri e quello che passa in rete passa anche lontanissimo dai miei occhi.
Noise Addict “The Frail Girl”
La meravigliosa Numero Group ha appena fatto uscire un doppio vinile che raccoglie tutte (credo) le canzoni che sono state al tempo pubblicate dai Noise Addict, uno di quei gruppi che quando li ritrovo mi verrebbe voglia di rispolverare la mia vecchia concezione manichea del mondo. Quella che traccia una riga e da una parte stanno coloro che senza aprire wikipedia sanno dirmi anche in una sola frase chi erano i Noise Addict, dall’altra tutti gli altri.
Sea Pinks “Watercourse”
Da Belfast, giro Girls Names, sei dischi in sette anni: il caro vecchio indie rock di una volta.
Arturo Compagnoni